Asino di Martina Franca, attitudini e impieghi

Nel secondo dopoguerra è iniziata una lenta riduzione del numero. Ciò sia per la crescente meccanizzazione della nostra agricoltura, sia per una contrazione della produzione mulattiera.

All’inizio degli anni ’80 l’avvenire della razza asinina di Martina Franca destava non poche preoccupazioni. A parte i 6-7 allevatori più significativi, tutti gli altri nuclei di allevamento sono andati via via perdendosi.

Dagli anni ’90 assistiamo invece ad un sempre maggiore interesse verso questa razza. Ciò per una generale maggiore attenzione verso l’asino e, in particolare, verso l’asino di Martina Franca, l’asino di maggior taglia al mondo.

C’è un ritorno alla produzione del mulo: in Italia sugli Appennini e sulle Alpi, all’estero in molti paesi dell’UE. Si sono infine aperti due nuovi importanti sbocchi di mercato: la produzione di latte di asina per uso pediatrico e per l’industria cosmetica, nonchè la produzione di carne di asino per il consumo fresco e per gli insaccati. Le richieste di asini di Martina Franca sono quindi in forte crescita.

Gli allevatori non riescono a far fronte alle richieste. In una zona marginale e svantaggiata come la Murgia, l’asino di Martina Franca, animale di poche pretese alimentari, allevato brado nei boschi, sta portando agli allevatori un interessante integrazione di reddito, tanto che gli allevamenti storici hanno fortemente incrementato il numero di soggetti allevati e nuovi allevamenti stanno sorgendo un po’ ovunque.